Politically Correct

Sono in ritardo con gli articoli perché ho perso tempo a rileggere quelli vecchi… e sinceramente mi sono chiesto se davvero volevo scrivere così… Troppo buono, troppo normale, troppo educatino. Io non volevo fare il blog del runner modello che sorride, respira zen e saluta tutti al parco… volevo essere un po’ più diretto, più scorretto, più vero.

Perché nel running, inutile raccontarsela, c’è tutto il teatrino che nessuno vuole ammettere: la rivalità, le antipatie travestite da sorrisi, i “grande!” detti col fiato corto ma con l’occhio che giudica… le scuse creative (“oggi solo rigenerante”, “eh ma ieri ho fatto qualità”, “ho la settimana di carico”), le giustificazioni all’arrivo sia per chi sta davanti che per chi arranca dietro. Insomma, un mondo fantastico…

E poi, diciamocelo: questo blog nasce anche come antidoto agli allenatori da tastiera… quelli che su Facebook ti spiegano come correre 10 km senza mai averli corsi, quelli che su Instagram fanno i reel motivazionali e poi si fermano dopo tre minuti, quelli che su TikTok insegnano la tecnica di corsa… dalla sedia. Ecco, io voglio scrivere il contrario: come mi viene, come lo vedo io… senza il filtro del politically correct.

Intanto, dicembre è il mese morto delle gare… quindi farò quello che fanno tutti i runner veri: improvvisare. Allungherò le distanze, più quantità e meno qualità, anche perché le uscite lunghe sono il mio unico modo per rientrare nei pantaloncini dopo le feste. Panettoni, cene, brindisi… e il girovita si espande. E allora via di medio-lento per un tot di tempo, che alla fine brucia più delle ripetute… e almeno ti senti meno in colpa quando tagli la seconda fetta di pandoro…

Lunedì ho usato la corsa come recupero dalla gara domenicale… rigorosamente lento, ma abbastanza lungo da convincermi che stavo facendo qualcosa di utile. Ieri invece, gira che ti rigira… altra corsetta, stesso copione: il Garmin fà il gentile, e io mi illudo di smaltire calorie mentre penso già al prossimo dolce.

Insomma… Correte